Ricordo ancora quando, qualche anno fa, mi sono imbattuto per la prima volta in Google Discover.
Stavo distrattamente scorrendo il mio smartphone mentre aspettavo il treno, quando un articolo catturò la mia attenzione. Era esattamente ciò che mi interessava in quel momento, quasi come se Google avesse letto nella mia mente.
Da quel giorno, ho iniziato a chiedermi: ma come diavolo funziona questo algoritmo?
Se ti stai facendo la stessa domanda – e soprattutto se ti interessa aumentare la visibilità dei tuoi contenuti su questa piattaforma – questo articolo potrebbe sicuramente darti una mano.
Oggi voglio condividere con te alcune scoperte che ho fatto studiando i meccanismi di Discover e che potrebbero cambiare radicalmente il tuo approccio alla creazione di contenuti.
La differenza fondamentale che molti ignorano
Partiamo da un concetto che dovrebbe essere scolpito nella mente di ogni content creator: Discover non è come la ricerca tradizionale. No, proprio no.
Con la ricerca classica, ti posizioni per parole chiave. Con Discover, vieni selezionato. E credimi, questa differenza cambia tutto.
Quando qualcuno cerca “come preparare una carbonara”, sa già cosa vuole. Su Discover, invece, gli utenti scoprono contenuti che non sapevano di voler leggere. È Google che decide per loro, in base ai loro interessi, comportamenti precedenti e… alcuni misteriosi segnali di ranking.
Ok, forse non così misteriosi. Ho fatto un po’ di ricerche (e qualche esperimento con i miei contenuti) per capire meglio cosa cerca realmente l’algoritmo.
I segnali di ranking che REALMENTE contano
EEAT: il nuovo mantra di Google
Prima c’era EAT, ora c’è EEAT (Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Attendibilità). Ho notato che da quando ho iniziato a rafforzare questi aspetti nei miei contenuti, la mia visibilità su Discover è aumentata sensibilmente.
Ma come si fa in pratica? Ecco alcuni accorgimenti che hanno funzionato per me:
- Mostrare la tua esperienza diretta sull’argomento (ho smesso di scrivere di cose che non conosco davvero);
- Citare fonti autorevoli e ricerche recenti (non solo per fare scena, ma integrandole davvero nel discorso);
- Essere trasparenti sui propri limiti (sì, a volte ammettere di non sapere tutto funziona meglio che fingere).
Le metriche che fanno la differenza
Un giorno stavo analizzando i dati di Search Console e ho avuto un’illuminazione: gli articoli che performavano meglio su Discover avevano tutti pattern di coinvolgimento simili:
- CTR elevati (i titoli accattivanti funzionano, ma attenzione a non cadere nel clickbait!);
- Tempo di permanenza lungo (ho smesso di scrivere articoli troppo brevi o superficiali);
- Un buon numero di visitatori di ritorno (questo è stato raro a ottenersi, ma quando succede fa una differenza enorme).
Non è un caso che questi siano proprio i segnali che Google utilizza per valutare la qualità dei contenuti.
È come se l’algoritmo dicesse: “se le persone cliccano, rimangono e ritornano, allora questo contenuto merita di essere mostrato ad altri”.
L’elemento visivo: sottovalutato ma comunque importante
Mamma mia, quanto ho sottovalutato all’inizio l’importanza delle immagini! Dopo aver perso mesi a ottimizzare testi perfetti senza risultati, ho scoperto che Discover è incredibilmente visivo.
Ho iniziato a prestare più attenzione alle immagini, assicurandomi che fossero:
- Di alta qualità (niente più foto stock generiche);
- Ottimizzate per mobile (dove Discover vive esclusivamente);
- Pertinenti al contenuto (sembra ovvio, ma quante volte vediamo immagini scollegate dal testo?).
Il risultato? Un aumento del 30% nei click dai feed di Discover. Non male per un cambiamento relativamente semplice.
Il ciclo virtuoso che pochi conoscono
Ecco un aspetto interessante che ho scoperto: Discover funziona secondo un circolo virtuoso che si auto-alimenta.
- Google suggerisce i tuoi contenuti a un gruppo ristretto di utenti;
- Se questi interagiscono positivamente, l’algoritmo allarga il cerchio;
- Più interazioni positive raccogli, più ampia diventa la tua distribuzione;
- E così via, in un ciclo potenzialmente infinito.
Il problema? Innescare questo ciclo. Come fai a ottenere quelle prime interazioni che poi creano il meccanismo?
La strategia push ibrida per Google Discover
Qui viene il bello. Dopo aver sperimentato vari approcci, ne ho trovato uno particolarmente efficace: le notifiche push ibride.
Ok, lo so cosa stai pensando: “le notifiche push? Davvero? Non sono fastidiose e antiquate?”
Lo pensavo anch’io, finché non ho scoperto l’approccio ibrido. L’idea è semplice ma potente:
- Combinare aggiornamenti editoriali con elementi promozionali;
- Utilizzare le notifiche per generare un picco di traffico immediato dopo la pubblicazione;
- Sfruttare questo coinvolgimento iniziale per segnalare qualità a Google.
In pratica, stai creando artificialmente quel primo segnale di interesse che Google cerca prima di distribuire più ampiamente i tuoi contenuti.
Ho provato questa strategia su un paio di articoli, e i risultati sono stati sorprendenti: uno di questi è diventato il mio contenuto più visto su Discover, superando articoli che consideravo oggettivamente migliori. La differenza? Quel boost iniziale di traffico che ha convinto l’algoritmo.
Ma ora ti spiego meglio come funziona.
La strategia delle notifiche push ibride per Google Discover è un approccio interessante che ho sperimentato e che funziona davvero bene. Te la spiego nel dettaglio.
In sostanza, si tratta di creare un impulso artificiale di traffico nei primi giorni dopo la pubblicazione di un articolo per “ingannare” (in senso buono) l’algoritmo di Google Discover, facendogli credere che il tuo contenuto sia particolarmente coinvolgente.
Ecco come implementarla:
- Installa un sistema di notifiche push sul tuo sito. Personalmente uso OneSignal perché ha un piano gratuito decente, ma ci sono alternative come PushEngage o RollerAds;
- Costruisci una base di iscritti alle tue notifiche. Questo richiede tempo, ma puoi accelerare il processo con prompt di opt-in strategici (magari offrendo contenuti esclusivi);
- Crea il mix “ibrido” di notifiche:
- editoriali: aggiornamenti sui tuoi nuovi contenuti;
- promozionali: offerte, prodotti, affiliazioni;
- di coinvolgimento: sondaggi, domande, richieste di feedback.
La magia sta nel timing e nella frequenza. Quando pubblico un nuovo articolo che voglio spingere su Discover, faccio così:
- Invio una prima notifica immediata (“Nuovo articolo: [titolo accattivante]”);
- Segue una seconda notifica 24-48 ore dopo, con un angolazione diversa dello stesso contenuto (“Hai visto come [punto interessante dell’articolo]?”);
- A volte, una terza notifica più provocatoria dopo 3-4 giorni (“La cosa che nessuno ti dice su [argomento]”).
Questo crea ondate successive di traffico che mantengono l’articolo “caldo” agli occhi di Google. Non è una tattica da usare per OGNI articolo, altrimenti rischi di stancare i tuoi iscritti. Seleziona i contenuti con maggior potenziale.
Un trucco che ho scoperto per caso: se inserisci una domanda nella notifica, molti utenti cliccano perché vogliono vedere le risposte, aumentando così il CTR. Qualcosa tipo: “ti sei mai chiesto perché [argomento]? La risposta potrebbe sorprenderti”.
Ho notato risultati migliori quando le immagini delle notifiche sono diverse dalla copertina dell’articolo – questo fa sembrare che ci sia più contenuto diversificato.
Alla fine, ciò che conta davvero sono i segnali di coinvolgimento che vai a generare: CTR elevato, tempo di permanenza lungo e quel circolo virtuoso che l’algoritmo adora.
Hai già un sistema di notifiche push sul tuo sito? Posso darti consigli più specifici in base alla tua situazione attuale. Contattami per una consulenza SEO.
Ma continuiamo con l’articolo parlando dei tecnicismi.
Aspetti tecnici che fanno la differenza
Non possiamo ignorare alcuni aspetti tecnici fondamentali. Discover premia i siti che offrono un’esperienza utente impeccabile, soprattutto su mobile.
Non dovresti trascurare:
- Velocità di caricamento: ho migliorato il mio PageSpeed Score e ho visto risultati quasi immediati;
- Dati strutturati: aiutano Google a categorizzare meglio i tuoi contenuti;
- Web Stories: un formato che sta guadagnando terreno rapidamente ma che purtroppo crea un formato AMP che potrebbe dare noia se non gestito in modo adeguato.
Un dettaglio interessante che ho scoperto per caso:
Discover sembra preferire i contenuti che hanno una buona struttura di link interni. Non so se sia una correlazione o causalità, ma da quando ho migliorato questo aspetto, più articoli sono apparsi nei feed.
La freschezza conta (ma non come pensi)
Un altro aspetto interessante: Google ama i contenuti freschi, ma non necessariamente nuovi. Ho notato che anche articoli più datati possono performare bene su Discover se:
- Vengono aggiornati regolarmente;
- Trattano argomenti di interesse perenne;
- Vantano un buon livello di coinvolgimento.
Questo sfata il mito che solo le notizie dell’ultima ora possano avere successo su Discover.
La freschezza è più una questione di rilevanza continua che di data di pubblicazione.
Implementazione pratica: da dove cominciare?
Se ti stai chiedendo da dove iniziare per migliorare la tua visibilità su Discover, ecco i passaggi che consiglio:
- Analizza i tuoi contenuti attuali: quali stanno già performando su Discover? Cosa hanno in comune?
- Migliora l’aspetto visivo: investi in immagini di qualità, ottimizzate per mobile;
- Implementa una strategia di notifiche: considera gli strumenti che abbiamo visto prima;
- Monitora attentamente: usa Google Search Console per seguire le performance su Discover;
- Itera e migliora: questo non è un processo “set and forget”, richiede aggiustamenti continui.
Personalmente, ho iniziato dalla valutazione dei miei contenuti esistenti e sono rimasto sorpreso: gli articoli che performavano meglio non erano sempre quelli che consideravo i migliori.
Questa scoperta mi ha aiutato a calibrare meglio la mia strategia.
Monetizzazione: il passo successivo
Una volta che hai un flusso costante di traffico da Discover, il passaggio naturale è pensare alla monetizzazione.
Quello che ho scoperto è che i formati pubblicitari tradizionali non sempre funzionano bene con questo tipo di traffico.
Gli utenti di Discover sono in modalità “scoperta”, non in modalità “ricerca”, e questo cambia radicalmente il loro comportamento. Ho trovato più efficaci:
- Formati nativi che si integrano nell’esperienza di lettura;
- Call-to-action contestuali al contenuto;
- Offerte strettamente correlate all’argomento dell’articolo.
Conclusione
Dopo mesi di sperimentazione con Discover, la mia conclusione è che questo canale richiede un cambio di paradigma rispetto alla SEO tradizionale.
Non si tratta di posizionarsi per keyword, ma di creare contenuti così coinvolgenti che Google non possa fare a meno di selezionarli.
E forse questa è una buona notizia.
In un mondo ossessionato dalle keyword e dalle tecniche di ottimizzazione SEO, Discover ci riporta all’essenza: creare contenuti che le persone vogliono davvero leggere.
Ho iniziato questo percorso cercando hack e scorciatoie, ma ho finito per riscoprire il valore di ciò che dovrebbe essere al centro di ogni strategia di content marketing: il lettore e la sua esperienza.
E tu? Avete già sperimentato con Google Discover? Quali risultati avete ottenuto? Sono curioso di sapere se la tua esperienza conferma o contraddice ciò che ho scoperto io. Nel frattempo, continuerò a sperimentare e a condividere i miei risultati… magari proprio su Discover!