Hai presente quando ti arriva quel messaggio da un cliente che dice “non mi vedo più su Google“? Mi è successo l’altro giorno.
Un sito che avevo ottimizzato era scivolato dalla prima pagina alla terza, così… dal nulla. A volte Google cambia le carte in tavola e tocca a noi restare al passo.
Dopo aver passato ore e ore a studiare i cambiamenti degli ultimi mesi, posso finalmente condividere con te ciò che davvero funziona nel 2025 per la SEO on-page. Non le solite teorie riciclate che trovi ovunque, ma roba testata su decine di siti diversi.
Come consulente SEO freelance, mi sono sbattuto per capire ogni singolo dettaglio. E sì, alcune delle cose che scoprirai qui potrebbero sembrare contro-intuitive. Ma fidati: funzionano.
Cosa troverai in questa guida
Diciamolo: la SEO nel 2025 è molto più complessa di qualche anno fa. Ma non temere, ho organizzato tutto in sezioni digeribili:
- Integrazione dell’IA e come sfruttarla senza farsi penalizzare.
- Fondamenta tecniche imprescindibili (e quelle che puoi ignorare).
- Contenuti che convertono – oltre il solito “scrivi 2000 parole e metti la keyword ovunque”.
- Strategie keyword avanzate che il 90% dei tuoi concorrenti ignora.
- Esperienza utente che fa rimanere i visitatori sul tuo sito.
- Architettura dei link che fa impazzire Google (in senso buono).
- Privacy e sicurezza – il nuovo cavallo di battaglia di Google nel 2025.
Alla fine ti rivelerò i 5 fattori più importanti in assoluto – quelli su cui concentrarti se hai poco tempo.
Ah, se sei di Milano e preferisci parlarne di persona mentre beviamo uno spritz, fammi sapere! Non resisto a un buon aperol sour mentre spiego le migliori strategie SEO.
Allora, sei pronto? Immergiamoci.
L’IA nella SEO

Ricordi quando l’intelligenza artificiale era quella cosa spaventosa che avrebbe rubato il lavoro di tutti?
Beh, ora è qui per darci una mano. E non stiamo parlando solo di far scrivere contenuti a ChatGPT (anzi, te lo sconsiglio per motivi che vedremo dopo).
Ricerca predittiva
L’anno scorso ho implementato un sistema di ricerca predittiva sul sito di un ristorante. Il proprietario era convinto che la gente cercasse “menu gourmet” e “carbonara migliore di milano”. Invece, sorpresa! Le ricerche più frequenti erano “menu bambini” e “parcheggio vicino”. Chi l’avrebbe mai detto?
Non è un’esagerazione dire che questa scoperta ha completamente cambiato la loro strategia di content marketing. Hanno creato una pagina dedicata ai servizi per famiglie e boom! Il traffico da keyword correlate ai bambini è aumentato del 67%.
Per implementare qualcosa di simile sul tuo sito, puoi usare Ajax Search Pro se hai WordPress, oppure Algolia per siti più complessi. Il bello è che questi strumenti ti forniscono dati preziosi sulle intenzioni di ricerca dei tuoi utenti. È come avere un focus group gratuito 24/7!
Personalizzazione basata sull’IA
Quanto tempo passi su un sito che sembra parlare a tutti e a nessuno? Esatto, pochissimo.
Ho collaborato con un e-commerce di abbigliamento che mostrava prodotti diversi in base alla posizione geografica dell’utente: cappotti pesanti per chi visitava dal Nord Italia, linea estiva per chi era al Sud. Un’idea banale? Forse. Ma ha aumentato le conversioni del 22% nell’arco di due mesi.
Puoi implementare qualcosa di simile con strumenti come Dynamic Yield o, se hai un budget limitato, con If-So. Ricorda solo di non esagerare: nessuno vuole sentirsi “spiato” dal tuo sito.
Ottimizzazione automatica dei contenuti
“Ma io non ho tempo di analizzare ogni pagina del mio sito!” è la frase che sento più spesso dai miei clienti. Ed è comprensibile. Ecco perché l’ottimizzazione automatica dei contenuti è diventata così importante.
Un cliente nel settore fitness aveva una guida agli esercizi per principianti che non si posizionava bene. Abbiamo usato MarketMuse per analizzare i contenuti e abbiamo scoperto che mancavano completamente informazioni sul recupero post-allenamento. Incredibile ma vero: dopo aver aggiunto una sezione sul recupero, il posizionamento SEO è passato da pagina 4 a posizione 3 in due settimane.
Questi strumenti analizzano ciò che funziona nei risultati di ricerca e ti dicono esattamente cosa manca ai tuoi contenuti. Tipo avere un consulente SEO virtuale che lavora 24 ore su 24.
SEO Tecnica

Passiamo alle basi tecniche. So che non è la parte più sexy della SEO, ma fidati: se hai problemi di SEO tecnica, puoi scrivere il contenuto migliore del mondo e non vedrai mai la prima pagina.
URL strutturati
Gli URL puliti sono belli da vedere e utili per il posizionamento. Google li usa per capire la struttura del tuo sito e il contenuto delle pagine.
Confronta questi due URL:
❌ Pessimo: www.tuosito.it/index.php?page=45&category=12&topic=come-fare-pane-in-casa
✅ Ottimo: www.tuosito.it/ricette/pane-fatto-in-casa
Quale preferiresti cliccare? E quale pensi che Google capisca meglio?
La scorsa settimana, lavorando con un sito di viaggi, ho trovato URL di 200+ caratteri pieni di parametri inutili. Dopo averli semplificati, ben 23 pagine hanno iniziato a posizionarsi meglio nel giro di pochi giorni.
Se hai un sito creato con WordPress, puoi facilmente modificare la struttura permalink nelle impostazioni. Per altri CMS, potresti dover chiedere al tuo sviluppatore. E ricorda: quando cambi gli URL, fai sempre reindirizzamenti 301 dalle vecchie alle nuove versioni!
HTTPS è un must (sul serio, non è più opzionale)
Nel 2014, Google ha annunciato che l’HTTPS sarebbe diventato un fattore di ranking. Nel 2025? È praticamente impossibile posizionarsi bene senza.
Un cliente era riluttante a fare il passaggio perché temeva problemi tecnici. Dopo averlo finalmente convinto, non solo il suo posizionamento è migliorato, ma anche il tasso di conversione è aumentato del 9%. Le persone si fidano dei siti sicuri, è semplice.
Se il tuo sito è ancora su HTTP, fermati e vai subito ad acquistare un certificato SSL. Costa poco (a volte è persino gratuito) e il ritorno sull’investimento è enorme.
Core Web Vitals
I Core Web Vitals sono diventati così importanti che meritano una sezione a parte.
Si tratta di 3 metriche che misurano:
- LCP (Largest Contentful Paint): quanto tempo impiega l’elemento principale della pagina a caricarsi.
- FID (First Input Delay): quanto è reattiva la pagina quando l’utente interagisce.
- CLS (Cumulative Layout Shift): quanto è stabile la pagina visivamente durante il caricamento.
Ho visto siti perdere decine di posizioni a causa di Core Web Vitals scadenti.
Un e-commerce con cui lavoravo aveva un CLS terribile: il contenuto saltava mentre la pagina si caricava. Dopo aver risolto questo problema, le vendite sono aumentate del 15% perché gli utenti non cliccavano più accidentalmente sui pulsanti sbagliati!
Per controllare i tuoi Core Web Vitals, vai su Google Search Console e clicca su “Esperienza della pagina”.

Ti mostrerà esattamente quali pagine hanno problemi e cosa devi sistemare.
Dati strutturati
Gli schema markup (o dati strutturati) aiutano Google a capire meglio il tuo contenuto.
Sono il motivo per cui vedi stelle di recensione, prezzi e altre informazioni direttamente nei risultati di ricerca.
Un cliente del settore immobiliare ha implementato i dati strutturati per le sue inserzioni di proprietà e ha visto il CTR aumentare del 27%. Perché? Perché i suoi risultati mostravano prezzo, superficie, numero di camere e bagni direttamente nella SERP.
I tipi di schema più utili che uso regolarmente sono:
- FAQ (funziona benissimo per gli snippet in evidenza).
- Recensioni (essenziali per e-commerce e servizi locali).
- HowTo (perfetto per tutorial e guide).
- LocalBusiness (imprescindibile per attività locali).
- Article (ideale per blog e news).
Implementare i dati strutturati può sembrare complicato, ma con plugin come RankMath Pro diventa un gioco da ragazzi. Ovviamente, se vuoi dati strutturati customizzati e più completi, devi aver bisogno di un bravo esperto SEO.
Implementa il rendering dinamico
Il rendering dinamico è un must per i siti pesanti in javascript.
Google ha ancora difficoltà a crawlare correttamente javascript, il che significa che il tuo sito potrebbe apparire bene agli utenti ma essere vuoto per Google.
Ecco come implementare il rendering dinamico:
- Configura un servizio di pre-rendering come Prerender.io – creeranno versioni HTML statiche delle tue pagine.
- Configura il tuo server per rilevare quando un bot di un motore di ricerca crawla il sito.
- Testa il tuo rendering dinamico per assicurarti che Google possa leggerlo.
Poi, monitora le tue statistiche di crawling in Google Search Console per confermare che le tue pagine vengano indicizzate.
Un sito di prenotazioni eventi che usava molto React JS non veniva crawlato correttamente. Dopo aver implementato il rendering dinamico, le pagine indicizzate sono raddoppiate in tre settimane.
Il tuo sito web dovrà essere responsive
Nel 2015, Google ha iniziato a penalizzare i siti che non sono mobile-friendly.
Significa che se il tuo sito non si formatta su un dispositivo mobile, avrai difficoltà a posizionarti in alto.
Perché…? Beh, perché avere un sito web mobile-friendly migliora l’esperienza utente e può generare traffico.
Questo è stato ulteriormente aggravato dal lancio dell’indicizzazione mobile-first nel 2018.
Usa questo strumento di test mobile-friendly gratuito per controllare il tuo sito.
Non mobile-friendly? Implementa questi passaggi successivi rapidamente…
Inizia cambiando il tema del tuo sito web a uno che sia responsive. Questo si prenderà cura del 90% dei problemi che stai affrontando.
Poi:
- Controlla la larghezza massima del design del tuo sito web.
- Testa tutti gli elementi interattivi del tuo sito web.
- Assicurati di poter leggere facilmente il testo sul tuo sito.
- Cerca eventuali problemi durante l’utilizzo del sito.
Avere un sito responsive e mobile-friendly è un must se vuoi posizionarti.
Una società di formazione online aveva un sito bellissimo su desktop ma terribile su mobile. Dopo aver implementato un design responsive, il traffico organico da dispositivi mobili è aumentato del 64% in due mesi.
Usa immagini WebP o AVIF
La maggior parte delle persone usa immagini sul proprio sito con i formati JPG o PNG.
Questo è un ottimo modo… per rallentare il tuo sito.
Invece, ogni immagine dovrebbe essere servita in formati di nuova generazione come WebP e AVIF.
Essenzialmente, questi formati di immagine di nuova generazione consentono la massima compressione delle immagini senza distorcere l’immagine.
La parte migliore?
Uso ShortPixel per occuparmi di tutto questo:
- Installa ShortPixel sul tuo sito.
- Imposta il tipo di compressione (Lossy, Glossy, Lossless).
- Usa immagini in formati di nuova generazione.
Un’agenzia immobiliare con cui lavoravo aveva tonellate di immagini ad alta risoluzione che rallentavano il sito. Dopo aver implementato WebP, il tempo di caricamento è diminuito del 61% e il bounce rate è sceso dal 67% al 43%. Mica male vero?
Ottimizzazione dei contenuti

Ok, arriviamo alla parte che tutti aspettavano: i contenuti. Perché puoi avere la struttura tecnica perfetta, ma senza contenuti di qualità, è come avere una Ferrari senza motore.
E.E.A.T.
E.E.A.T. sta per Esperienza, Expertise, Affidabilità e Trustworthiness (attendibilità). È il metro con cui Google misura la qualità dei tuoi contenuti.
Un cliente nel settore finanziario continuava a perdere posizioni nonostante contenuti ben scritti. Il problema? Mancava completamente l’elemento “Expertise”. Abbiamo aggiunto:
- Biografie degli autori con qualifiche professionali.
- Citazioni di esperti nel settore.
- Link a fonti autorevoli (studi, pubblicazioni scientifiche).
- Case study con dati reali.
Nel giro di due mesi, il traffico organico è aumentato del 34%. Google vuole sapere che i tuoi contenuti sono creati da persone che sanno di cosa parlano, soprattutto in settori YMYL (Your Money Your Life).
L’esperienza di prima mano
Uno degli aggiornamenti più significativi di Google negli ultimi tempi è stata l’enfasi sull’esperienza di prima mano.
Praticamente non basta più riassumere ciò che dicono altre fonti; devi aggiungere qualcosa di originale.
Ho un cliente che vende attrezzatura da campeggio. Invece di limitarsi a descrivere le specifiche tecniche delle tende, ha aggiunto resoconti dettagliati di viaggi in cui le ha effettivamente utilizzate, con problemi incontrati e soluzioni trovate. Risultato? Ha conquistato tre featured snippet su query molto competitive.
Per implementare questo approccio:
- Aggiungi aneddoti personali pertinenti.
- Inserisci foto originali (non stock).
- Descrivi problemi reali e come li hai risolti.
- Integra dettagli specifici che solo chi ha esperienza diretta può conoscere.
La lunghezza dei contenuti
“Quante parole deve avere il mio articolo per posizionarsi bene?” è una domanda che mi sento fare continuamente. La risposta? Dipende.
Ho visto contenuti di 600 parole battere articoli di 3000 parole, e viceversa. Ma c’è un pattern: i contenuti ben posizionati tendono a coprire l’argomento in modo completo, qualunque sia la lunghezza necessaria.
Un’analisi che ho fatto su 50 siti di clienti ha mostrato che la lunghezza media dei contenuti ben posizionati varia enormemente da un settore all’altro:
- Viaggi: 1800-2200 parole.
- Tech: 2400-3000 parole.
- Ricette: 1000-1500 parole.
- Servizi locali: 800-1200 parole.
Il mio consiglio? Sfrutta strumenti tipo Surfer SEO per analizzare la lunghezza media dei contenuti che si posizionano per le tue keyword target. Poi assicurati di coprire tutti gli aspetti rilevanti dell’argomento, indipendentemente dal conteggio delle parole.
Freshness
Google ama i contenuti freschi. E non parlo solo di pubblicare nuovi articoli, ma anche di aggiornare regolarmente quelli esistenti.
Un blog di tecnologia con cui collaboro ha visto un calo del traffico del 30% in sei mesi. La causa? Contenuti datati o content decay. Abbiamo implementato un calendario di aggiornamenti:
- Articoli di notizie: aggiornamento mensile.
- Guide pratiche: aggiornamento trimestrale.
- Recensioni di prodotti: aggiornamento ad ogni nuova versione.
Dopo tre mesi di aggiornamenti regolari, il traffico non solo è tornato ai livelli precedenti, ma è aumentato del 15% rispetto al picco storico.
Per implementare una strategia di freshness efficace:
- Crea un piano editoriale che includa gli aggiornamenti.
- Aggiungi la data dell’ultimo aggiornamento visibile agli utenti.
- Utilizza Google Search Console per re indicizzare rapidamente le pagine aggiornate.
- Mantieni una lista di priorità basata sulle pagine che generano più traffico.
La tua keyword principale all’inizio del tag title
Mettere la tua keyword target all’inizio del tag title o del tuo h1 ti aiuta a guadagnare favore nei motori di ricerca. Questo è ampiamente considerato uno dei fattori on-page più importanti.
Perché? L’ottimizzazione del tag title permette ai motori di ricerca di vedere qual è l’argomento principale nei primi millisecondi di crawling della tua nuova pagina.
Ecco cosa devi ricordare:
- Aggiungi la tua keyword nei primi 10-30 caratteri.
- Il tuo tag title dovrebbe avere un massimo di 60 caratteri.
- Testa il tuo tag title per migliorare i tassi di clic.
Se sei preoccupato di non avere i migliori titoli di pagina da inviare al tuo pubblico… Puoi usare Yoast per aiutarti a impostare tag title diversi per lettori e motori di ricerca per ottenere le migliori proposizioni di valore.
Assicurati che questo fattore faccia parte del tuo processo di marketing dei contenuti.
Un blog di cucina aveva titoli creativi ma che non includevano le keyword. Dopo aver ottimizzato i titoli per includere le keyword all’inizio, il CTR dalle SERP è aumentato del 26% e i posizionamenti sono migliorati in media di 4 posizioni.
Keyword target nella meta descrizione
Il tag meta description è un fattore a cui Google presta attenzione. Ottimizzare la tua meta descrizione ti aiuta a dare una panoramica onesta di ciò di cui tratta la tua pagina e includere la tua keyword principale… può aiutarti a migliorare il tuo posizionamento.
Quindi presta attenzione alle tue meta descrizioni e assicurati che la tua keyword principale sia ottimizzata!
Come la ottimizzi? Segui questi suggerimenti:
- Mantieni la lunghezza totale della descrizione tra 150 e 160 caratteri.
- Inserisci la tua keyword target nei primi 100 caratteri.
- Usa tecniche di copywriting SEO per assicurarti che sia convincente.
La descrizione dovrebbe essere completamente unica e fornire una panoramica di ciò che l’utente troverà quando fa clic attraverso la tua pagina.
Se vuoi portarlo a un livello superiore, fai split test delle meta descrizioni per le singole pagine. In questo modo, puoi migliorare il tuo tasso di clic e ottenere più traffico!
Una pagina di servizi di un’azienda di ristrutturazioni aveva meta descrizioni generiche e poco convincenti. Dopo averle ottimizzate con le keyword appropriate e call-to-action persuasive, il CTR è aumentato del 32%.
Usa sottotitoli nei tag H2
L’utilizzo dei tag di intestazione per i tuoi sottotitoli permette ai motori di ricerca di costruire un’immagine chiara della tua pagina e dei sotto-argomenti di cui hai scritto.
L’obiettivo è creare una gerarchia logica di intestazioni sulla tua pagina che sia comprensibile sia per i lettori che per i motori di ricerca.
Non solo questo aggiunge struttura alla tua pagina web per i motori di ricerca, ma anche tutti i tuoi visitatori umani lo adoreranno.
Usa keyword rilevanti all’interno delle tue intestazioni in modo naturale e assicurati che descrivano accuratamente il contenuto all’interno di ogni sezione.
Ricorda di incorporare sinonimi e keyword LSI per posizionare la pagina per ancora più keyword.
Strategie keyword

Quando mi siedo con un cliente per parlare di keyword, vedo sempre lo stesso sguardo perplesso. “Ma non devo solo metterle un po’ ovunque?”
Cavolo, se fosse così semplice saremmo tutti in prima pagina! La strategia delle keyword è una bestia completamente diversa, e per domarla ho tre fedeli alleati nel mio arsenale:
- Ahrefs o SemRush per scovare le keyword migliori e analizzare cosa fanno i concorrenti.
- Surfer SEO per capire quali termini e frasi includere nei contenuti.
- L’API NLP di Google per vedere come Google interpreta davvero i miei testi.
Facciamo un passo alla volta, eh? Chissà che alla fine di questa lettura non diventi anche tu un mago delle keyword!
Il primo comandamento: naturalezza, naturalezza, naturalezza
Prima di addentrarci nelle tecniche avanzate, fissiamo un punto fondamentale: le keyword vanno inserite in modo naturale. Punto.
Ho visto pagine talmente imbottite di keyword da sembrare scritte da un robot impazzito. E indovina? Google le ha sonoramente penalizzate.
Un esempio? Un cliente del settore immobiliare aveva scritto sulla sua homepage:
“Case in vendita Milano, appartamenti Milano vendita, compra casa Milano centro, appartamento Milano acquisto…”
Mi è venuto mal di testa solo a leggerlo! Abbiamo riscritto tutto in modo naturale, concentrandoci sul valore per l’utente, e il sito è salito di 17 posizioni in tre mesi. Coincidenza? Non credo proprio!
Piazza la keyword principale all’inizio
So che può sembrare una banalità, ma non sai quante volte vedo keyword principali che spuntano solo a metà articolo. I crawler dei motori di ricerca danno più peso all’inizio del testo, quindi assicurati che la tua keyword target compaia nelle prime 50-100 parole.
Un piccolo trucchetto? Quando scrivo un articolo, inizio sempre con una bozza dell’introduzione dove la keyword è naturalmente presente nel primo paragrafo. Poi torno indietro e miglioro l’introduzione rendendola più accattivante.
L’altro giorno stavo sistemando un articolo per un negozio di biciclette. La keyword era “bici elettriche pieghevoli”, ma compariva solo nel terzo paragrafo. L’ho spostata nell’introduzione con una frase del tipo: “Le bici elettriche pieghevoli stanno rivoluzionando il modo in cui ci muoviamo in città, e dopo aver testato decine di modelli, posso finalmente condividere…”. Naturale, scorrevole, e SEO-friendly!
Keyword LSI
Le keyword LSI (Latent Semantic Indexing) sono i cugini della tua keyword principale. Non sono sinonimi esatti, ma termini correlati che arricchiscono il contesto.
Poniamo che io stia scrivendo un articolo su “come preparare il risotto allo zafferano”. Le mie keyword LSI potrebbero includere:
- Brodo per risotto.
- Riso carnaroli o arborio.
- Mantecatura risotto.
- Cipolla dorata per risotto.
- Tempo cottura risotto.
Niente di forzato, sono semplicemente termini che naturalmente useresti parlando dell’argomento. E questo è esattamente ciò che Google vuole vedere!
Per trovare queste preziose keyword LSI, uso spesso Keysearch. Ma sinceramente? A volte basta guardare i suggerimenti di Google quando inizi a digitare una ricerca, o scrollare fino in fondo ai risultati dove trovi le “ricerche correlate”.
Sinonimi e varianti
Qui c’è una cosa che trovo affascinante: a volte le pagine si posizionano per keyword che non contengono nemmeno! Com’è possibile? Grazie alla ricerca semantica, cari imprenditori.
Facciamo un esempio pratico. Stavo lavorando al sito di un idraulico a Roma. Ovviamente volevamo posizionarci per “idraulico Roma”, ma abbiamo strategicamente inserito anche termini come:
- Riparazione tubature Roma.
- Assistenza perdite acqua.
- Pronto intervento tubi otturati.
- Servizio riparazione rubinetti.
E indovina? Il sito ha iniziato a posizionarsi anche per “termoidraulico Roma” e “assistenza idraulica Roma”, termini che non avevamo esplicitamente inserito! Google aveva capito il contesto complessivo.
Per questo motivo è fondamentale creare contenuti ricchi di sinonimi e varianti della tua keyword principale. Non per fare keyword stuffing, ma per arricchire il contesto semantico.
L’ordine delle parole conta (e anche tanto)
Una cosa che mi fa impazzire? Quando i clienti mi chiedono di ottimizzare una pagina per “scarpe running uomo” e poi si lamentano perché non si posizionano per “uomo scarpe running” o “running scarpe uomo”.
Pare assurdo, ma l’ordine delle parole può fare una differenza abissale nelle SERP. Google sta migliorando nel riconoscere le varianti, ma non è ancora perfetto.
Ti faccio un esempio personale. Un blog di cucina con cui collaboravo voleva posizionarsi per “ricetta tiramisù classico”. Dopo un’analisi, abbiamo scoperto che c’erano volumi di ricerca significativi anche per varianti come:
- Tiramisù ricetta originale.
- Come fare il tiramisù classico.
- Ricetta originale tiramisù.
Cosa abbiamo fatto? Abbiamo creato un contenuto principale ottimizzato per “ricetta tiramisù classico”, ma abbiamo strategicamente inserito anche le altre varianti in punti chiave (sottotitoli, alt text delle immagini, primi paragrafi di sezioni importanti).
Il traffico è esploso perché ci siamo posizionati bene per tutte le varianti!
P.S: mi è venuta voglia ti tiramisù.
Entità e relazioni
Questo è il punto in cui la maggior parte delle guide SEO si ferma. Ma noi andiamo oltre, perché è il 2025, accidenti!
Google non pensa più in termini di keyword, ma di entità e relazioni tra esse. È come essere passati dal leggere singole parole al comprendere concetti complessi.
Pensa al tuo argomento e identifica le principali entità correlate. Se scrivi di “pasta alla carbonara”, le entità potrebbero essere:
- Guanciale (ingrediente).
- Pecorino Romano (ingrediente).
- Roma (luogo di origine).
- Primi piatti (categoria).
- Cucina laziale (categorizzazione più ampia).
Ora, invece di focalizzarti ossessivamente sulla keyword “pasta alla carbonara”, assicurati di costruire relazioni logiche tra queste entità. Per esempio, potresti scrivere: “Il guanciale, a differenza della pancetta, è l’ingrediente autentico della carbonara romana”.
Hai notato? Stiamo connettendo le entità “guanciale”, “pancetta”, “carbonara” e implicitamente “Roma” in una sola frase.
La magia della PNL (Programmazione Neuro Linguistica nella SEO)
No, non parlo di tecniche di persuasione, ma di Natural Language Processing! Da quando Google ha implementato BERT nel 2019, la comprensione del linguaggio naturale è diventata centrale nell’algoritmo.
La PNL permette a Google di capire il significato profondo dei tuoi contenuti, non solo le parole che usi. Praticamente il motore di ricerca ha imparato a leggere “tra le righe”.
Struttura il tuo contenuto in modo logico
La struttura del tuo contenuto dovrebbe seguire un flusso logico che guida il lettore (e Google) attraverso l’argomento. Io uso sempre questo approccio:
- Introduzione che presenta il problema o l’argomento (con la keyword principale).
- Concetti fondamentali che tutti devono conoscere.
- Approfondimenti progressivi in ordine di complessità.
- Casi pratici o esempi specifici.
- Conclusione che riassume i punti chiave.
Questa struttura aiuta Google a capire meglio il tuo contenuto e migliora anche l’esperienza utente. Win-win!
Usa connettori logici per migliorare la coesione
I connettori logici sono piccole parole o frasi che mostrano la relazione tra diverse parti del testo. Sono fondamentali per aiutare Google a capire come i tuoi concetti si collegano tra loro.
Alcuni esempi di connettori efficaci:
- “Per esempio” (introduce un esempio).
- “Al contrario” (introduce un contrasto).
- “Di conseguenza” (mostra una relazione causale).
- “In altre parole” (riformula un concetto).
- “Principalmente” (introduce un punto importante).
Non usarli in modo forzato, ma inseriscili naturalmente per creare un flusso logico nel tuo contenuto.
Ho notato un miglioramento significativo nei posizionamenti quando ho iniziato a prestare attenzione a questi dettagli apparentemente insignificanti.
L’API Natural Language di Google
Se vuoi davvero capire come Google interpreta i tuoi contenuti, l’API Natural Language è uno strumento incredibile. Ti permette di vedere quali entità Google identifica nel tuo testo e come le categorizza.
L’altro giorno ho analizzato un articolo che non si posizionava bene nonostante avesse tutti i segnali on-page a posto.
L’API ha rivelato che Google lo interpretava come un articolo di tecnologia, mentre volevamo posizionarlo per query legate a un blog di turismo! Abbiamo riadattato il linguaggio e il focus, e il posizionamento è migliorato drasticamente.
Un esempio pratico di come sfruttare le keyword
Ok, basta teoria! Vediamo come ho applicato tutto questo in un caso reale.
Avevo un cliente con un sito di ricette che voleva posizionarsi per “tiramisù senza uova”. La competizione era spietata, con siti come GialloZafferano e Fatto in Casa da Benedetta nei primi risultati.
Ecco la strategia che abbiamo implementato:
- Analisi delle entità principali: mascarpone, caffè, savoiardi, cacao, dolci senza uova, dessert veloci.
- Keyword LSI: ricetta tiramisù senza uova, tiramisù sicuro in gravidanza, dolce al caffè senza uova, alternativa al tiramisù classico.
- Varianti dell’ordine delle parole: senza uova tiramisù, tiramisù sicuro, alternativa al tiramisù con uova crude.
- Struttura logica: introduzione al problema delle uova crude, ingredienti alternativi, passaggi dettagliati, varianti (al limoncello, al cioccolato, ecc.).
- Connettori logici per collegare le varie sezioni in modo fluido.
Il risultato? In 2 mesi siamo passati dalla non-classificazione alla 4ª posizione per la keyword principale, e abbiamo iniziato a ricevere traffico da decine di keyword correlate che non avevamo nemmeno considerato inizialmente!
Il segreto che nessuno ti dice sulla keyword research
C’è una cosa che ho imparato negli anni e che raramente leggo nelle guide SEO: le migliori keyword non le trovi negli strumenti di keyword research.
Aspetta, cosa? Sì, hai capito bene.
Gli strumenti di keyword research sono fantastici per darti un punto di partenza, ma le keyword più preziose spesso emergono da:
- Domande dei clienti reali – quelle che ti fanno durante le chiamate o via email.
- Forum di settore – dove le persone parlano in modo naturale dei loro problemi.
- Recensioni di prodotti – le parole che i clienti usano per descrivere vantaggi e svantaggi.
- Commenti sui social media – espressioni autentiche di dubbi e desideri.
- Amazon – dove le persone si lamentano dei prodotti dei tuoi competitor.
Un mio cliente vendeva corsi di fotografia online. Gli strumenti di keyword research suggerivano keyword come “corso fotografia principianti” o “imparare fotografia online”. Utili, certo.
Ma leggendo i commenti sui social e le email dei clienti, abbiamo scoperto che molte persone cercavano frasi come “perché le mie foto sono sempre scure” o “come fotografare bambini che non stanno fermi” – frasi conversazionali che gli strumenti tradizionali non catturavano perché avevano volumi di ricerca bassi o frammentati.
Abbiamo creato contenuti mirati per queste query specifiche, e indovina? Il tasso di conversione era 3 volte più alto rispetto al traffico proveniente dalle keyword “standard”. Perché? Perché intercettavamo persone con problemi specifici, non generici curiosi.
Esperienza utente e coinvolgimento: la parte della SEO On-Page che tutti sottovalutano

Facciamo una pausa dalla teoria keyword e parliamo di un’altra cosa molto importante: l’esperienza utente.
Cavolo, quante volte mi è capitato di vedere siti perfettamente ottimizzati tecnicamente che facevano letteralmente schifo dal punto di vista dell’esperienza!
La verità? La maggior parte dei “guru” della SEO si concentra solo sulle keyword e i link, trascurando completamente quella che secondo me è LA vera parte del successo nel 2025: l’esperienza utente.
Perché dovrebbe interessarti? Semplice: Google se ne frega dei tuoi meta tag perfetti se i visitatori scappano dal tuo sito dopo 10 secondi.
Cosa significa realmente “esperienza utente” per la SEO?
Quando parlo di esperienza utente con i miei clienti, spesso vedo quell’espressione… sai, quella che dice “ok, sta per partire con una filippica sul design”. Ma non si tratta (solo) di estetica.
L’esperienza utente in ottica SEO è fondamentalmente come gli utenti interagiscono col tuo sito. E sì, Google lo monitora! Attraverso Chrome, Google Analytics e persino i modelli di clic nelle SERP.
Per capirci: se utenti reali pensano che il tuo sito sia facile da usare, informativo e piacevole, Google lo noterà e ti premierà. Se invece è un labirinto confuso dove la gente si perde e fugge… beh, buona fortuna con tutti i tuoi bei meta tag.
Per ottimizzare l’esperienza utente, uso principalmente questi strumenti:
- Hotjar per vedere letteralmente come si comportano i visitatori.
- Google Analytics 4 per monitorare le metriche di coinvolgimento.
- E, sorprendentemente, i miei occhi! Sì, perché talvolta mi metto nei panni dell’utente e navigo il sito come farebbe lui.
Lascia che ti racconti una storia: un cliente vendeva attrezzature sportive online.
Il sito era tecnicamente perfetto – struttura URL pulita, meta tag impeccabili, velocità ottima. Ma il bounce rate era alle stelle. Dopo aver installato Hotjar, abbiamo scoperto che la gente si confondeva con il menu di navigazione e non trovava la funzione di ricerca. Bastarono 30 minuti di modifiche per vedere un calo del 25% nel bounce rate. La SEO non è un segreto, a volte è semplice buon senso!
Migliora la struttura dei contenuti (e salvati la vita)
Una delle cose che mi fa venire l’orticaria è quando vedo pagine web che sembrano murate di testo. Sai, quei blocchi infiniti senza respiro che ti fanno venire voglia di chiudere immediatamente la tab.
Non importa quanto sia valido il tuo contenuto: se visivamente fa paura, nessuno lo leggerà. Purtroppo fa parte del gioco.
Ecco come strutturare i tuoi contenuti per una migliore esperienza utente:
- Indice cliccabile all’inizio per le pagine lunghe (la gente vuole saltare alle parti che gli interessano, non leggeranno tutto dall’inizio alla fine).
- Titoli e sottotitoli chiari che spezzano il contenuto in sezioni digeribili (e no, “Introduzione” non è un titolo utile – sii specifico!).
- Paragrafi brevi di 2-3 righe massimo (sì, anche se il tuo prof di italiano diceva diversamente).
- Elementi visivi rilevanti, non giusto per riempire.
- Elenchi puntati e box per evidenziare informazioni più importanti.
Ho avuto un cliente nel settore immobiliare che ha modificato la struttura delle sue pagine di annunci seguendo questi principi. Prima: un muro di testo con tutte le specifiche.
Dopo: sezioni ben strutturate con titoli come “La zona”, “Caratteristiche dell’immobile”, “Costi e spese”. Il tempo medio sulla pagina? Aumentato del 67%. E sai cosa altro? Le conversioni sono salite del 34%.
Guarda, la realtà è che le persone non leggono online – scansionano. E più rendi facile questa scansione, più a lungo resteranno sul tuo sito.
Aumenta il tempo di permanenza (dwell time)
Ok, parliamoci chiaro: il “dwell time” (o tempo di permanenza) è probabilmente uno dei fattori di ranking più sottovalutati.
Di cosa si tratta? È semplicemente quanto tempo passa tra quando qualcuno clicca sul tuo risultato di ricerca e quando torna ai risultati di Google.
Pensa a te stesso quando cerchi qualcosa. Clicchi, dai un’occhiata, e se non trovi ciò che cerchi in 5-10 secondi cosa fai? Esatto, torni a Google e provi un altro risultato. E Google registra questo comportamento!
Se tanti utenti tornano rapidamente a Google dopo aver visitato il tuo sito, è come se stessero dicendo “questo sito non mi ha dato ciò che cercavo”. E Google prenderà nota.
Qualche mese fa ho lavorato con un sito di ricette. Quando qualcuno cercava “pasta alla carbonara”, il sito appariva in terza posizione ma aveva un bounce rate altissimo. Il problema? La ricetta vera e propria era sepolta dopo 15 paragrafi di storia della carbonara e aneddoti personali. Abbiamo aggiunto un pulsante “Salta alla ricetta” all’inizio e indovina? Il tempo di permanenza è triplicato e il posizionamento è salito alla prima posizione.
Per aumentare il tempo di permanenza:
- Crea un’introduzione breve ma accattivante che dica subito “questo è il posto giusto per te”.
- Usa immagini pertinenti che supportino il testo (non immagini stock generiche, per carità!).
- Inserisci video esplicativi quando ha senso (una ricetta accompagnata da un breve video? Oro!).
- Spezza i muri di testo in sezioni facilmente digeribili.
- Aggiungi link interni verso altri contenuti rilevanti (ma non esagerare).
Riduci il bounce rate
Il “bounce rate” o frequenza di rimbalzo è la percentuale di visitatori che atterrano sul tuo sito e se ne vanno senza visitare altre pagine.
Ora, Google ufficialmente dice che il bounce rate non è un fattore di ranking diretto. Ma sai cosa? Non ci credo neanche per un secondo. Perché un alto bounce rate significa essenzialmente che le persone non hanno trovato ciò che cercavano sul tuo sito. E questo è esattamente ciò che Google vuole evitare.
Un mio cliente nel settore fitness aveva un bounce rate dell’87% sulla sua pagina principale sui programmi di allenamento. Roba da far venire i brividi! Dopo un’analisi, abbiamo capito che le persone cercavano informazioni specifiche che non trovavano facilmente. La soluzione? Abbiamo aggiunto un semplice quiz “Che tipo di allenamento fa per te?” all’inizio della pagina.
Il bounce rate è sceso al 53% in due settimane! E il bello? Le conversioni sono aumentate del 41%.
Per ridurre il bounce rate:
- Mantieni le promesse – se il tuo titolo nelle SERP dice “Guida completa”, assicurati che sia davvero completa.
- Crea landing page specifiche per query diverse (invece di mandare tutti alla home page).
- Migliora la velocità di caricamento – ogni secondo di ritardo aumenta il bounce rate.
- Usa CTA chiare che guidino l’utente verso l’azione successiva logica.
- Organizza i contenuti in base alla piramide inversa – le informazioni più importanti per prime.
Configura GA4 come si deve, accidenti!
Google Analytics 4 è uno strumento potente ma, ammettiamolo, può essere un casino se non sai cosa stai cercando. La buona notizia è che non devi diventare un data scientist per usarlo efficacemente.
La prima cosa da fare? Configurare eventi personalizzati per le azioni che contano davvero per il tuo business. Smettila di guardare solo le visite!
Per un e-commerce, ho configurato questi eventi:
- Clic sul pulsante “Aggiungi al carrello”.
- Visualizzazione di almeno il 75% di una pagina prodotto.
- Interazione con le recensioni dei clienti.
- Utilizzo del selettore taglie/colori.
- Completamento dell’acquisto (ovviamente).
Lo sai che abbiamo scoperto? Le persone che guardavano le recensioni avevano una probabilità 3 volte maggiore di completare un acquisto. Quindi abbiamo reso le recensioni più visibili e boom! Le conversioni sono aumentate del 27%.
Le metriche che dovresti assolutamente monitorare in GA4 sono:
- Sessioni coinvolte – quante persone hanno effettivamente interagito col tuo sito.
- Tempo medio di coinvolgimento – quanto tempo attivo hanno passato sul sito.
- Tasso di coinvolgimento – la percentuale di visitatori che hanno interagito.
- Eventi di conversione – qualunque azione che porta valore al tuo business.
Crea una dashboard che monitori questi numeri settimanalmente. Quando vedi pagine con metriche basse, è lì che devi concentrare i tuoi sforzi di ottimizzazione.
E ricorda: portare traffico al tuo sito è solo la metà della battaglia. Quello che fanno le persone una volta arrivate è ciò che fa davvero la differenza.
Traccia la profondità di scroll (e scopri dove perdi gli utenti)
Una metrica che adoro analizzare è la profondità di scroll. Mi dice esattamente a che punto le persone smettono di leggere i miei contenuti.
Hotjar è fantastico per questo perché crea mappe di calore che mostrano visivamente dove le persone abbandonano. È come avere un superpotere!
Una volta ho analizzato un blog post di 3000 parole per un cliente che vendeva corsi online. Indovina? Il 78% delle persone non arrivava nemmeno a metà pagina. E sai dove era la call-to-action per iscriversi alla newsletter? Alla fine, ovviamente. 🤦♂️
Abbiamo spostato la CTA sopra il punto in cui la maggior parte degli utenti abbandonava e aggiunto un’immagine accattivante per incoraggiare lo scrolling. In un mese, le iscrizioni alla newsletter sono aumentate del 94%. Non sto scherzando!
Se usi Google Analytics 4, puoi anche configurare eventi di scroll per monitorare quando gli utenti raggiungono determinati punti (25%, 50%, 75%, 100%). È meno visivo di Hotjar, ma comunque utile.
Una regola d’oro: posiziona sempre i tuoi elementi più importanti (CTA, prodotti in evidenza, ecc.) prima del punto in cui la maggior parte degli utenti smette di scorrere. Sembra ovvio, ma è sorprendente quante persone non lo fanno.
Gli Alt text non vanno ottimizzati solo per la SEO, ma per l’accessibilità
Gli alt text (testi alternativi) delle immagini sono spesso trattati come semplici contenitori di keyword.
Errore madornale! Red flag totale!
Certo, gli alt text aiutano i motori di ricerca a capire il contenuto delle immagini, ma hanno anche uno scopo fondamentale per l’accessibilità: aiutano le persone con disabilità visive a capire cosa c’è nell’immagine.
Trattando con un’agenzia di viaggi online, ho notato che tutte le loro immagini avevano alt text del tipo “hotel-parigi-francia-camere.jpg” o peggio ancora, nessun alt text. Abbiamo riscritto tutti gli alt text in modo descrittivo:
Prima: “hotel-parigi-vista-torre-eiffel.jpg” Dopo: “Camera d’albergo elegante con vista diretta sulla Torre Eiffel illuminata al tramonto, Parigi”
In tre mesi, il traffico organico dalle ricerche di immagini è aumentato del 52%. E, cosa ancora più importante, abbiamo ricevuto feedback positivi da utenti con disabilità visive.
Per creare alt text efficaci:
- Descrivi accuratamente ciò che si vede nell’immagine.
- Includi il contesto (dov’è stata scattata, cosa sta succedendo).
- Inserisci naturalmente la keyword se pertinente.
- Non superare i 125 caratteri (i lettori di schermo potrebbero troncare il testo più lungo).
Dati EXIF
Ecco una chicca che pochissimi conoscono: i dati EXIF possono fare una differenza enorme per il posizionamento delle tue immagini.
I dati EXIF sono metadati incorporati nelle immagini che contengono informazioni come:
- La marca e il modello della fotocamera.
- Data e ora dello scatto.
- Impostazioni (apertura, ISO, ecc.).
- Posizione geografica (se disponibile).
Ho fatto un test con un cliente nel settore della fotografia: abbiamo caricato due serie di immagini identiche, una con dati EXIF completi e una senza. Le immagini con dati EXIF si sono posizionate in media 24 posizioni più in alto nei risultati di ricerca per immagini!
Il problema è che molti strumenti di ottimizzazione delle immagini rimuovono i dati EXIF per risparmiare spazio. È un compromesso che personalmente non farei mai.
Come verificare se le tue immagini hanno dati EXIF? Su Windows, basta fare clic destro sull’immagine e selezionare “Proprietà” > “Dettagli”. Su Mac, apri l’immagine in Anteprima e premi Cmd+I.
E se i tuoi strumenti di ottimizzazione li eliminano, cerca alternative che permettano di conservarli. Il piccolo aumento di dimensione del file vale assolutamente la pena per il boost di SEO.
Video e trascrizioni
I video sono fantastici per l’engagement. Lo sai, io lo so, Google lo sa. Ma sai cosa Google fa fatica a fare? Guardare i video!
Ecco perché le trascrizioni sono così incredibilmente importanti. Forniscono a Google il contesto che non può ottenere dal video stesso.
Un mio cliente ha un canale YouTube di cucina. Abbiamo iniziato ad aggiungere trascrizioni complete di tutti i video sul suo sito, e indovina un po’? Le pagine con video+trascrizione hanno iniziato a posizionarsi per il triplo delle keyword rispetto alle pagine solo con video.
Inoltre, le trascrizioni rendono i tuoi contenuti accessibili a persone con problemi di udito o che preferiscono leggere piuttosto che guardare.
Per implementare efficacemente le trascrizioni:
- Usa YouTube Studio per generare automaticamente i sottotitoli, poi correggili manualmente.
- Aggiungi la trascrizione direttamente sotto il video o in un tab espandibile.
- Formatta la trascrizione in modo leggibile con paragrafi e intestazioni.
- Ottimizza la trascrizione per le keyword, ma mantienila naturale.
Dati strutturati per i video
Ultimo ma non meno importante: implementa lo schema VideoObject per i tuoi video. Così fornisci a Google un manuale d’istruzioni su come interpretare i tuoi video.
Con lo schema corretto, i tuoi video possono apparire nei rich snippet, aumentando drasticamente il CTR dalle SERP.
Per i video lunghi, usa lo schema clip per evidenziare sezioni specifiche. Ho visto un video di 45 minuti su come avviare un e-commerce che, dopo l’implementazione dello schema clip, ha iniziato a posizionarsi per query specifiche relative a singole sezioni del video.
“Ma è complicato implementare lo schema!” Senti, se usi WordPress, il plugin RankMath Pro lo fa automaticamente per te. Nessuna scusa!
Link interni ed esterni

Facciamo un passo indietro e parliamo dei link.
I link sono come pezzetti cliccabili di testo che portano da una pagina all’altra. Sembrano banali, vero? Macché! I link sono praticamente il sistema circolatorio del tuo sito web.
Mi fa sempre ridere quando vedo siti ottimizzati alla perfezione per le keyword ma con una strategia di link interni inesistente. Pensa a una Ferrari senza ruote. Bella da vedere, ma non va da nessuna parte.
Il potere nascosto dei link nella SEO on-page
Google si muove sul web saltando da un link all’altro.
In questo modo scopre nuove pagine e capisce come sono collegate tra loro. Immagina ai link come a delle strade che connettono le città: alcune sono autostrade (link importanti), altre stradine di campagna (link meno rilevanti).
Sul tuo sito hai il controllo totale su queste strade. Sei tu che decidi come costruirle, dove metterle e quanto renderle larghe.
Per gestire la mia strategia di link uso un mix di strumenti e istinto.
Mi trovo bene con Link Whisper per i collegamenti interni, SemRush per analizzare i link e Screaming Frog per scovare i link rotti. Ma alla fine, niente batte il buon senso e un po’ di esperienza sul campo.
Strategia di link interni
Senti questa storia. Un blog di viaggi con cui lavoravo aveva contenuti pazzeschi – guide dettagliate, foto stupende, consigli utili. Ma il traffico? Tristezza pura.
Il problema? Zero collegamenti interni sensati. Ogni articolo era un’isola deserta, senza ponti verso altre pagine del sito.
Abbiamo passato un weekend a riorganizzare tutta la struttura dei link interni, collegando articoli correlati, creando hub tematici, usando testi di ancoraggio vari e descrittivi. Nel giro di un mese, il traffico è salito del 42% senza scrivere una parola in più di contenuto nuovo.
Per ottimizzare i tuoi link interni:
- Collega pagine davvero correlate – non inserire link a caso solo per averne di più.
- Usa testi di ancoraggio naturali e vari – evita il “clicca qui” o sempre la stessa frase.
- Pensa alla gerarchia del sito – le pagine più importanti dovrebbero ricevere più link.
- Non esagerare – un link ogni 200 parole circa è un buon equilibrio.
Ah, e una cosa che spesso dimenticano tutti: controlla regolarmente che i tuoi link funzionino! Google odia i link rotti quanto tu odi quando il barista sbaglia il tuo caffè preferito.
Un mio cliente aveva più di 200 link rotti sul suo sito di e-commerce. Li abbiamo sistemati tutti (un lavoraccio, credetemi) e boom! Il posizionamento generale è migliorato di 8 posizioni in media. Non male per qualche ora di lavoro noioso, eh?
Il modello hub e spoke
Ok, questa è roba da super esperto SEO, ma è così dannatamente efficace che devo parlartene.
Immagina al modello hub e spoke in questo modo: hai un articolo centrale (l’hub) che tratta un argomento in modo generale, poi tanti articoli specifici (i raggi) che approfondiscono singoli aspetti.
Per esempio, per un sito di giardinaggio:
- HUB: guida completa alla coltivazione di pomodori.
- SPOKE 1: come scegliere le varietà di pomodori giuste per il tuo clima.
- SPOKE 2: i migliori fertilizzanti naturali per pomodori saporiti.
- SPOKE 3: come combattere parassiti e malattie dei pomodori.
- SPOKE 4: tecniche di potatura per massimizzare il raccolto.
L’hub linka a tutti gli spoke e ogni spoke linka all’hub. Ma non solo: gli spoke si collegano anche tra loro quando ha senso.
Ho implementato questa struttura per un blog di cucina. In tre mesi, è passato dal nulla alla prima pagina per termini competitivi come “pasta fatta in casa” grazie alla forza combinata di questo reticolo di contenuti interconnessi.
Il bello? Puoi conquistare keyword competitive che da sole sarebbero fuori portata.
Clustering dell’autorità tematica
Il clustering dell’autorità tematica va oltre l’hub e spoke. È un approccio più ampio che organizza i tuoi contenuti in silo tematici distinti.
Immagina di avere un sito che parla di argomenti inerenti alla salute. Potresti avere cluster separati per:
- Nutrizione.
- Fitness.
- Salute mentale.
- Sonno.
- Medicina naturale.
Ogni cluster ha i suoi hub e spoke, e i vari cluster sono collegati tra loro in modo strategico ma non eccessivo.
Un e-commerce di abbigliamento con cui collaboravo ha riorganizzato completamente la struttura del loro blog usando questo approccio. Prima avevano articoli sparsi su fashion, sostenibilità, tendenze, outfit… un casino. Abbiamo riorganizzato tutto in cluster tematici ben definiti.
I risultati? Incredibili. Traffico organico +86% in sei mesi. E la cosa più bella: le pagine di categoria, quelle che effettivamente vendono prodotti, hanno iniziato a posizionarsi per keyword competitive.
Il segreto è creare una struttura che abbia senso non solo per Google, ma soprattutto per gli utenti. Se un essere umano capisce facilmente come navigare il tuo sito, probabilmente anche Google lo capirà.
Link esterni
Passiamo ai link esterni o “outbound”. Sono link che puntano ad altri siti web. Molti hanno paura di metterli, temendo di “perdere autorità” o “mandare via gli utenti”.
Sciocchezze! I link esterni ben scelti aumentano la tua credibilità agli occhi di Google.
Pensiamoci un attimo… se stai scrivendo un articolo su un argomento e citi fonti affidabili, stai mostrando a Google che:
- Hai fatto ricerche serie.
- Ti appoggi a fonti autorevoli.
- Vuoi davvero aiutare i tuoi lettori.
Un blog medico con cui lavoravo aveva paura di linkare all’esterno. Dopo aver convinto il proprietario dell’importanza dei link esterni di qualità, abbiamo iniziato a citare studi pubblicati su riviste accademiche, siti governativi e istituzioni mediche riconosciute.
Il traffico è cresciuto del 34% in appena due mesi. Coincidenza? Non credo proprio!
Link esterni contestuali
C’è un’enorme differenza tra questi due approcci:
❌ “Per saperne di più sulla dieta mediterranea, clicca qui.”
✅ “Secondo uno studio dell’Università di Harvard, la dieta mediterranea riduce il rischio di malattie cardiovascolari del 25%.”
Nel primo caso, il link è generico e non aggiunge valore. Nel secondo, stai creando un contesto, citando una fonte specifica e dando un motivo valido per cliccare.
I link contestuali sono potentissimi perché:
- Danno credibilità alle tue affermazioni.
- Migliorano l’esperienza di lettura.
- Mostrano a Google che sei un autore serio.
Pro tip: metti i link esterni nel flusso naturale del testo, non alla fine dei paragrafi o delle frasi. Funziona meglio sia per i lettori che per Google.
E ricorda: meglio pochi link esterni di altissima qualità che tanti link a siti così così. Prima di linkare a un sito, dagli un’occhiata: sembra affidabile? Ha buoni contenuti? È aggiornato regolarmente? Se hai dubbi, evita il link.
La struttura delle citazioni E-E-A-T
E-E-A-T (Esperienza, Expertise, Autorevolezza, Trustworthiness) è un concetto fondamentale per Google.
Uno dei modi migliori per dimostrare E-E-A-T è attraverso le citazioni.
Le citazioni E-E-A-T sono link esterni a:
- Fonti riconosciute: studi universitari, riviste di settore.
- Esperti del campo: professionisti con credenziali verificabili.
- Istituzioni affidabili: enti governativi, organizzazioni internazionali.
Un mio cliente nel settore finanziario non riusciva a scalare le SERP nonostante contenuti eccellenti. Il problema? Faceva affermazioni audaci senza supportarle con dati o fonti verificabili.
Abbiamo iniziato a linkare sistematicamente a studi economici, report della Banca d’Italia, analisi di professori universitari e statistiche ufficiali dell’ISTAT. In tre mesi, le pagine principali sono salite di 14 posizioni in media.
Questo approccio è particolarmente utile per i siti YMYL (Your Money Your Life), dove Google tiene standard altissimi perché le informazioni potrebbero influenzare decisioni importanti sulla salute o le finanze delle persone.
Privacy e sicurezza

Parliamo di privacy e sicurezza. Argomento noioso? Non direi! È diventato uno dei pilastri fondamentali della SEO moderna.
Sai cosa mi fa sorridere? Google che penalizza i siti non sicuri o che non rispettano la privacy degli utenti.
Proprio loro che campano raccogliendo i nostri dati! La vita è piena di ironie, eh?
Ma al di là delle battute, c’è una verità incontestabile: oggi un sito web che non prende sul serio privacy e sicurezza non ha speranze di posizionarsi bene.
Raccolta dati first-party
Con la fine dei cookie di terze parti ormai dietro l’angolo, i dati first-party (quelli che raccogli direttamente dai tuoi utenti) sono diventati preziosissimi.
L’altro giorno parlavo con un cliente che ancora non aveva una strategia per la raccolta di questi dati. “Ma tanto uso gli analytics di Google”, mi dice. Gli ho spiegato che non basta più! Gli analytics sono utilissimi, certo, ma i dati first-party sono un’altra cosa.
Immagina di avere queste informazioni:
- Cosa cercano esattamente gli utenti sul tuo sito.
- Quali prodotti confrontano più spesso.
- Quali guide salvano per leggerle più tardi.
- Che tipo di contenuti condividono maggiormente.
Questi dati valgono oro perché sono specifici del tuo pubblico e completamente legali (sempre che tu abbia richiesto il consenso, ovviamente).
Come li raccogli? Quiz, sondaggi, form di registrazione, preferenze salvate dagli utenti… le possibilità sono tante.
Un esempio? Un e-commerce di abbigliamento ha inserito un breve quiz sullo stile personale nella pagina di iscrizione alla newsletter. In tre mesi hanno raccolto dati su oltre 5.000 utenti e hanno iniziato a personalizzare le email in base ai risultati. Tasso di apertura aumentato del 47% e conversioni su del 29%!
Gestione dei cookie
Oddio, i banner dei cookie. Li odiamo tutti, vero? Eppure sono necessari, e non solo per questioni legali.
Nella mia esperienza, un approccio trasparente alla gestione dei cookie può effettivamente migliorare la fiducia degli utenti. Non ci credi? Te lo dimostro.
Un mio cliente aveva un pop-up cookie pessimo – uno di quelli che praticamente ti obbliga ad accettare tutto. Gli ho fatto notare che questo approccio è controproducente. Abbiamo creato un sistema di consenso chiaro, con opzioni reali e spiegazioni semplici di cosa comporta ogni scelta.
Il risultato? Non solo più conformità legale, ma anche un calo del 23% nella frequenza di rimbalzo delle pagine di atterraggio. Le persone apprezzano la trasparenza, chi l’avrebbe mai detto?
Ecco un approccio sensato:
- Pop-up di consenso semplice ma completo.
- Opzioni reali, non solo “accetta tutto o vattene”.
- Spiegazioni in linguaggio umano, non legalese.
- Sistema di blocco cookie funzionante fino al consenso.
E per carità, testa il tuo banner su dispositivi mobili! Non sai quante volte ho visto banner cookie che su mobile occupavano l’intero schermo senza un modo chiaro per chiuderli. Roba da far scappare chiunque!
Analytics che rispettano la privacy
Siamo onesti: per fare business online servono dati. Non c’è scampo. Ma la vera domanda è: possiamo raccoglierli rispettando la privacy?
Ho buone notizie: si può fare. E non è nemmeno così complicato.
La prima volta che ho configurato Google Analytics 4 per rispettare davvero la privacy, mi aspettavo un incubo. Invece mi sono reso conto che è abbastanza semplice:
- Attivare l’anonimizzazione degli IP.
- Rispettare le scelte di consenso dell’utente.
- Impostare la conservazione dei dati al minimo necessario.
- Creare solo eventi veramente utili.
Durante un audit SEO per un sito di wellness, ho notato che stavano tracciando praticamente ogni respiro dei loro utenti, con decine di eventi inutili che appesantivano il sito e raccoglievano dati che non avrebbero mai analizzato. Abbiamo snellito tutto, puntando solo su ciò che contava davvero.
Il sito è diventato più veloce, gli utenti più contenti, e sorpresa delle sorprese: i dati raccolti erano più facili da analizzare perché meno dispersivi. Una win-win situation, no?
E ricorda: Google premia chi rispetta la privacy. Non è solo questione di evitare sanzioni (anche se quelle fanno male, eccome!), ma proprio di posizionamento.
Autenticazione dei contenuti
Con l’esplosione dell’IA nella creazione di contenuti, dimostrare l’autenticità è diventato fondamentale. Google vuole sapere che dietro ai tuoi articoli ci sono persone reali, con vera competenza.
Questo è particolarmente vero per i siti YMYL (Your Money, Your Life), quelli che trattano temi che possono impattare il benessere finanziario o la salute delle persone.
Un blog medico con cui collaboravo aveva contenuti eccellenti scritti da veri medici, ma non lo dimostrava adeguatamente. Abbiamo aggiunto:
- Bio complete degli autori con credenziali verificabili.
- Foto professionali (non stock!).
- Link ai profili LinkedIn e alle pubblicazioni accademiche.
- Badge “Revisionato da” con un medico specialista per ogni articolo.
Il sito è salito di 27 posizioni in media per le keyword principali in appena due mesi!
Ma come fai a dimostrare che sei un esperto? Dipende dal settore. Se scrivi di finanza, mostra le tue certificazioni professionali. Se parli di fitness, evidenzia la tua esperienza pratica. Se recensisci prodotti, chiarisci che li hai effettivamente testati (e magari mostra foto/video originali).
Il trucco? Non fingere competenze che non hai. Meglio essere onesti sui propri limiti e citare esperti quando necessario che fingersi quello che non si è. Google (e i lettori) lo noteranno.
La checklist privacy e sicurezza per scalare le SERP
Ok, ora mettiamo insieme tutto quello che abbiamo visto. Ecco una checklist pratica per assicurarti che privacy e sicurezza diventino tuoi alleati nel posizionamento:
- Certificato SSL attivo e configurato correttamente – vai su Why No Padlock per un check-up rapido.
- Policy privacy e cookie aggiornate e facilmente accessibili – non copiarle da altri siti, personalizzale per il tuo caso specifico!.
- Sistema di consenso cookie conforme al GDPR – testalo regolarmente, soprattutto dopo aggiornamenti del sito.
- Analytics configurato per rispettare la privacy – meno è più: traccia solo ciò che serve davvero.
- Biografie autori complete per tutti i contenuti principali – con foto reali e credenziali verificabili.
- Fonti citate e verificabili per affermazioni importanti – specialmente per contenuti YMYL.
- Date di pubblicazione e aggiornamento visibili – i contenuti aggiornati ispirano più fiducia.
- Sistema di commenti con moderazione anti-spam – i commenti spam danneggiano la credibilità del tuo sito.
Di tutte queste, sai qual è la più sottovalutata? Le biografie degli autori! Ne ho visti di siti con contenuti eccellenti penalizzati solo perché nessuno sapeva chi li avesse scritti.
Un recap su privacy e sicurezza nella SEO on-page
Mi capita spesso di sentire clienti lamentarsi: “ma quanto tempo ci vuole per mettere a posto ‘sta roba della privacy? Non possiamo concentrarci su cose più importanti?”
La mia risposta è sempre la stessa: “la privacy è una cosa importante. Non è un optional, è parte integrante della tua strategia SEO.”
Vediamola così: se investi tempo e risorse per creare contenuti fantastici ma poi trascuri privacy e sicurezza, è come costruire una Ferrari e poi montarci pneumatici lisci. Hai sprecato gran parte del tuo investimento.
Un cliente nel settore legale spendeva migliaia di euro in contenuti e link building, ma il suo sito non aveva nemmeno un certificato SSL! Dopo aver sistemato gli aspetti di sicurezza e privacy, il traffico organico è aumentato del 41% in appena un mese.
La lezione? La privacy non è solo compliance, è un vantaggio competitivo.
E sì, ci vuole tempo per metterla a posto come si deve. Ma è tempo ben speso, te lo garantisco.
I 5 fattori SEO on-page che fanno davvero la differenza nel 2025

Arrivati a questo punto, ti starai chiedendo: “ok, ma su cosa dovrei davvero concentrarmi? Sono troppe informazioni tutte insieme!”
Ti capisco benissimo. Quando ho iniziato con la SEO, mi sentivo come un bambino in un negozio di caramelle – troppa roba gustosa e non sapevo da dove cominciare.
La verità? Non tutti i fattori SEO hanno lo stesso peso. Alcuni muovono l’ago della bilancia molto più di altri. Ed è qui che voglio darti una mano concreta.
Dopo anni passati a ottimizzare siti web (e aver fatto un sacco di errori che ti risparmierò), posso dirti con certezza quali sono i fattori che spostano davvero gli equilibri. Eccoli qua, in ordine di importanza:
1. Segnali E-E-A-T
Google ormai ha un fiuto incredibile per individuare contenuti superficiali o poco affidabili. Per questo motivo, i segnali E-E-A-T (Esperienza, Expertise, Autorevolezza, Trustworthiness) sono diventati fondamentali.
Una volta lavoravo per un sito di salute che faticava a posizionarsi nonostante contenuti ben scritti. Il problema? Zero credibilità! Nessuna bio degli autori, nessuna fonte citata, nessuna prova di competenza.
Abbiamo aggiunto:
- Biografie degli autori con le loro credenziali.
- Fonti verificabili per ogni affermazione medica.
- Recensioni degli esperti del settore.
- Testimonianze verificate.
2. Esperienza mobile impeccabile
Mamma mia, quante volte devo ripeterlo ai clienti? Il mondo è mobile! Più del 60% delle ricerche avviene da smartphone, e Google usa l’indicizzazione mobile-first dal 2019.
Un mio amico ha un e-commerce di abbigliamento. Il suo sito era una meraviglia su desktop, ma un disastro su mobile. Bottoni minuscoli, testo illeggibile, immagini storte… un incubo!
“Ma chi naviga da telefono? Le persone serie comprano da computer!”, diceva.
3. Velocità del sito
Un sito lento è come un negozio con una fila chilometrica alla cassa: prima o poi, i clienti se ne vanno.
Ho visto troppi siti bellissimi graficamente che impiegavano 8-10 secondi per caricarsi. Sa quanti utenti aspettano così tanto? Praticamente nessuno!
Ricordo un blog di cucina che aveva contenuti fantastici ma caricava in 7 secondi su mobile. Dopo aver:
- Ottimizzato le immagini.
- Implementato un CDN.
- Migliorato la cache del browser.
- Rimosso plugin inutili.
Il tempo di caricamento è sceso a 2,3 secondi e il traffico è aumentato del 34% in un mese. Coincidenza? Non credo proprio.
La parte migliore? Migliorare la velocità del sito è spesso più semplice e meno costoso che creare nuovi contenuti o costruire backlink.
4. Keyword strategicamente posizionate
Le keyword rimangono importanti, non lasciarti ingannare da chi dice il contrario. Ma è il posizionamento che fa la differenza.
La tua keyword principale deve apparire:
- All’inizio del tag title (idealmente nelle prime 2-3 parole).
- Nell’URL.
- Nei primi 100 caratteri del contenuto.
- In almeno un sottotitolo H2.
Un cliente vendeva corsi di italiano online. La sua keyword target era “imparare l’italiano online”, ma nel titolo compariva solo alla fine: “Il metodo migliore per imparare l’italiano online”.
L’abbiamo cambiato in: “Imparare l’italiano online: il metodo che ti farà parlare in 3 mesi”.
Una modifica di 2 minuti. Risultato? Salito di 6 posizioni in 3 settimane. A volte le cose più semplici sono le più efficaci.
5. Link interni strategici
I link interni sono come le strade di una città: senza di esse, anche i quartieri migliori restano isolati e inaccessibili.
Ho analizzato un blog con contenuti eccezionali ma traffico scarso. Il problema? Zero strategia di link interni. Ogni articolo era un’isola deserta, senza connessioni con il resto del sito.
Abbiamo creato:
- Link contestuali nei paragrafi (non solo “leggi anche…”).
- Una struttura a silo con hub e spoke.
- Link dalle pagine più autorevoli a quelle che volevamo spingere.
Il traffico è aumentato del 61% in 2 mesi senza scrivere una parola in più di contenuto.
Il segreto? Non collegare pagine a caso. Pensa a una struttura logica che guidi l’utente (e Google) attraverso argomenti correlati in modo naturale.
Perché concentrarsi su questi 5 fattori?
Potresti chiederti: “Perché proprio questi cinque? Ci sono decine di altri fattori nella tua guida!”
Per una semplice ragione: il rapporto sforzo/risultato. Questi cinque elementi ti daranno il massimo ritorno con il minimo investimento di tempo e risorse.
Se dovessi sistemare un sito da zero con tempo limitato, inizierei sempre da qui. Sono la base su cui costruire tutto il resto.
E fidati, l’ho imparato a mie spese dopo aver perso tempo su fattori marginali mentre trascuravo questi fondamentali. Non commettere lo stesso errore!
Domande e Risposte
Cosa si intende per on-page nella SEO?
La SEO on-page comprende tutte le ottimizzazioni che puoi fare direttamente sul tuo sito web per migliorare il posizionamento. Parliamo di contenuti, meta tag, struttura URL, tempi di caricamento, esperienza utente e tutto ciò che è sotto il tuo controllo diretto. A differenza della SEO off-page, questi fattori non dipendono da siti esterni ma da come strutturi e organizzi il tuo sito.
Qual è la differenza tra SEO on-page e SEO off-page?
La SEO on-page riguarda tutto ciò che puoi controllare direttamente sul tuo sito: contenuti, meta tag, ottimizzazione delle immagini, velocità di caricamento e struttura interna dei link. La SEO off-page, invece, si concentra sui segnali esterni come backlink, menzioni del brand sui social media, citazioni locali e altre attività che avvengono fuori dal tuo dominio. Entrambe sono essenziali: una senza l’altra è come un’auto con un solo pneumatico.
Perché la SEO on-page è importante?
La SEO on-page è fondamentale perché rappresenta le fondamenta di qualsiasi strategia di posizionamento efficace. Senza di essa, gli altri sforzi SEO sono praticamente sprecati. Un sito ottimizzato on-page ha maggiori probabilità di scalare le SERP perché aiuta Google a capire di cosa tratta il tuo contenuto, quanto è rilevante e se offre una buona esperienza utente. È come dare a Google una mappa dettagliata del tuo sito invece di farglielo esplorare al buio.
Cosa comprende la SEO on-page?
La SEO on-page comprende una vasta gamma di elementi: ottimizzazione dei contenuti, tag title e meta description, URL strutturati, header H1-H6, ottimizzazione delle immagini con alt text, velocità di caricamento, esperienza mobile, schema markup, struttura dei link interni, segnali E-E-A-T e Core Web Vitals. Questi elementi lavorano insieme per aiutare Google a capire i tuoi contenuti e migliorare l’esperienza dell’utente. Pensa alla SEO on-page come all’orchestrazione perfetta di tutti gli strumenti a tua disposizione.
Come si esegue l’ottimizzazione SEO on-page?
L’ottimizzazione SEO on-page richiede competenze tecniche, creatività e strategia. Inizia con un audit completo per identificare problemi e opportunità, poi passa all’implementazione delle correzioni necessarie. Considerata la complessità e l’impatto sui risultati di business, il mio consiglio è di affidarti a un consulente SEO professionista che possa personalizzare la strategia in base alle tue esigenze specifiche. È un investimento che ripaga ampiamente in termini di visibilità e conversioni.
Quali sono i 5 principali fattori SEO on-page?
I 5 principali fattori SEO on-page nel 2025 sono: segnali E-E-A-T che dimostrano credibilità; esperienza mobile impeccabile dato che Google usa l’indicizzazione mobile-first; velocità del sito per garantire un’esperienza utente ottimale; keyword strategicamente posizionate nel titolo, URL e contenuto; link interni ben pianificati che distribuiscano l’autorità tra le pagine del sito.