Cosa fare se la SEO non funziona è la domanda che mi sento rivolgere almeno una volta al giorno da imprenditori o aziende.
E ogni volta, la mia risposta inizia sempre con: “ma davvero non funziona, o siamo noi che ci siamo persi per strada?”
Perché diciamocelo chiaramente: negli ultimi due anni, il mondo della SEO è diventato un campo minato emotivo. Tra AI Overview che rubano clic e traffico, algoritmi che cambiano ogni settimana, e consulenti SEO freelance che promettono miracoli impossibili, non c’è da stupirsi se molte aziende stanno mettendo in pausa gli investimenti organici.
Ma c’è una verità scomoda che dobbiamo affrontare: spesso il problema non è che la SEO è morta. Il problema è che ci siamo paralizzati, distratti dal rumore, e abbiamo dimenticato i fondamentali.
I tre veri problemi della SEO moderna
Dopo anni passati a vedere campagne SEO che non funzionano, ho identificato 3 problemi ricorrenti che affliggono il nostro settore. E nessuno di questi ha a che fare con Google che odia i SEO.
- La paralisi da analisi. I clienti mettono tutto in pausa perché “non sanno cosa fare”. È comprensibile: ogni giorno spunta un nuovo acronimo, una nuova minaccia, una nuova previsione apocalittica. SGE, AIO, LLM, E-E-A-T… sembra di essere tornati al liceo durante l’ora di chimica, quando l’insegnante sparava formule a raffica e tu rimanevi lì sperando che non ti interrogasse.
- La distrazione da rumore di fondo. Voglio dire, ogni giorno c’è qualcosa di nuovo. Oggi parliamo di ottimizzazione per ChatGPT, domani di come entrare negli indici di Perplexity. È difficile guidare mentre tutti i passeggeri ti urlano direzioni diverse: prima o poi finisci nel fosso.
- L’abbandono dei principi fondamentali. E questo è il punto più grave. Tutta questa distrazione ci ha fatto dimenticare le basi. SEO Tecnica, architettura dell’informazione, user experience… tutte cose che sembrano noiose confronto al fascino dell’AI, ma che rimangono il fondamento di tutto.
Come l’intelligenza artificiale ha cambiato (davvero) le regole
L’AI non sta uccidendo la SEO. Sta cambiando il modo in cui le persone scoprono e consumano informazioni. E la differenza è fondamentale.
I sistemi di intelligenza artificiale sintetizzano il consenso. Se dici qualcosa di radicalmente diverso dal mainstream, non verrai notato. Diventa difficile farsi sentire urlando una lingua che nessuno conosce.
Ho visto un’azienda che aveva sviluppato un metodo rivoluzionario per il giardinaggio urbano. Completamente innovativo, funzionava davvero. Ma quando cercavi “come coltivare in casa”, loro non comparivano da nessuna parte. Perché? Perché non avevano collegato la loro innovazione ai termini che la gente già conosceva.
Se affermi di avere un modo nuovo di tagliare il pane, devi parlare del vecchio modo di tagliare il pane e collegarlo al tuo metodo più efficiente. Altrimenti rimani invisibile, non importa quanto sia brillante la tua idea.
I tre cambiamenti fondamentali che devi capire
3 cose sono cambiate in modo irreversibile nel mondo della ricerca, e capirle è fondamentale se vuoi sapere cosa fare se la SEO non funziona.
- L’evoluzione dell’intento. Non ti interessa capire solo “cosa hanno cercato”, ma di “cosa sperano di vedere”. La differenza è sottile ma si sente. Prima bastava intercettare la keyword, ora devi anticipare l’aspettativa.
- L’eliminazione dell’attrito. Le piattaforme premiano il percorso di minor resistenza. Se il tuo sito richiede tre clic per arrivare all’informazione che l’utente cerca, hai già perso.
- La monetizzazione in primo piano. Non devi solo essere utile, ma anche redditizio per la piattaforma. Google non è una ONG della conoscenza, è un’azienda che deve far quadrare i conti.
Questi tre elementi si intrecciano in modo complesso.
Un’azienda di vodka che conosco ha rivoluzionato la propria strategia guardando i risultati di ricerca di Google e chiedendosi: “se fossimo Google, cosa cambieremmo?” Invece di ottimizzare per il ranking, hanno iniziato a ottimizzare per l’esperienza utente che Google voleva offrire.
Ora ti spiegherò come approcciare i 3 elementi.
1. L’evoluzione dell’intento
Studia il “dopo-ricerca” – Non fermarti alla keyword, analizza cosa succede dopo:
- Se cercano “migliore smartphone oggi”, non vogliono solo una lista, ma probabilmente confronti specifici, prezzi aggiornati, e dove comprarlo;
- Se cercano “mal di testa rimedi”, sperano in soluzioni immediate, non in articoli accademici di 3000 parole.
Analizza le SERP esistenti per capire cosa Google già sa che vogliono:
- Ci sono video? La gente vuole contenuti visivi;
- Ci sono snippet con liste? Vogliono risposte rapide;
- Ci sono mappe? È una ricerca locale;
- Ci sono prodotti di Google Shopping? Sono in modalità acquisto.
Esempio pratico:
- Keyword: “come cucinare pasta”;
- Aspettativa nascosta: ricetta veloce, ingredienti che hanno già in casa, timing preciso;
- Soluzione: non scrivere la storia della pasta italiana, ma inizia subito con “5 minuti, 3 ingredienti”.
2. L’eliminazione dell’attrito
Regola dei 3 secondi: l’utente deve capire se sei la risposta giusta entro 3 secondi.
- Headline che risponde direttamente alla query;
- Prima frase che conferma di essere nel posto giusto;
- Struttura visiva che permette lo scanning rapido.
Audit del percorso utente:
- Da ricerca Google → alla risposta: quanti clic?
- Dalla homepage → all’informazione chiave: quanti passaggi?
- Da mobile: è tutto accessibile con il pollice?
Esempi concreti di eliminazione attrito:
- Invece di: “Chi siamo > I nostri servizi > Consulenza > Contatti”;
- Fai così: header fisso con “Richiedi consulenza gratuita” visibile sempre;
- Invece di: form con 15 campi;
- Fai così: solo email e messaggio, tutto il resto dopo.
Per e-commerce:
- Prezzo visibile subito, non dopo aver cliccato;
- “Aggiungi al carrello” sopra la piega;
- Checkout in una pagina, non 5 step.
3. La monetizzazione in primo piano
Capisci come Google fa soldi dalla tua nicchia:
- Se vendi prodotti: Google Shopping e annunci potrebbero essere competitors;
- Se fai informazione: Google potrebbe preferire contenuti che spingono verso ricerche commerciali.
Strategie per essere “amici” di Google:
Per contenuti informativi:
- Integra call-to-action che portano a ricerche commerciali correlate;
- “Ora che sai come funziona X, potresti cercare dove comprare Y”;
- Linki a risorse che possono generare ricerche pagate.
Per e-commerce:
- Partecipa a Google Shopping;
- Usa Google Ads in modo complementare all’organico;
- Crea contenuti che alimentano il funnel (guide → comparazioni → acquisto).
Esempio strategico: Un articolo su “come scegliere scarpe running” può:
- Educare l’utente (valore per Google);
- Generare ricerche per “migliori scarpe running del momento” (revenue per Google);
- Spingere verso shopping comparison (win-win).
Esempi pratici combinati:
Ricerca “dolore al ginocchio”
❌ Approccio vecchio:
- Articolo di 2000 parole sulla biomeccanica del ginocchio;
- Nascosto in una sottopagina del blog;
- Nessun collegamento a soluzioni pratiche.
✅ Approccio nuovo:
- Intento: “voglio sapere se è grave e cosa fare ADESSO”;
- Zero attrito: checklist immediata “Quando preoccuparsi” + “Cosa fare in 24h”;
- Monetizzazione: collegamenti naturali a ricerche tipo “fisioterapista vicino a me”, “tutore ginocchio”.
Ricerca “miglior laptop per studenti”
✅ Intento evoluto: non solo specifiche tecniche, ma budget, dove comprarlo, cosa evitare;
✅ Zero attrito: tabella comparativa immediata, filtri per budget;
✅ Monetizzazione: link affiliati trasparenti + spinta verso ricerche di offerte.
Il test della scopribilità
Ecco l’esercizio più illuminante che puoi fare oggi stesso: cerca il tuo prodotto come se non sapessi che esisti.
Se qualcuno non sa che esiste un prodotto per risolvere il suo problema, come potrebbe cercarlo? Userebbe i sintomi del problema. Se sa che il prodotto esiste ma non conosce il tuo brand, cosa cercherebbe?
Prendi i sintomi che le persone hanno, usa Google, Perplexity, Claude, ChatGPT, Gemini e cerca. Vedi se emergi. Se non ti vedi, chiediti perché.
L’anno scorso ho fatto questo test per un’azienda che produceva sistemi di filtraggio dell’aria. Cercando “aria inquinata in casa”, non comparivano nei primi 50 risultati. Il motivo? Parlavano solo di “purificazione avanzata dell’aria indoor” – un linguaggio che nessun consumatore normale userebbe mai.
Quando un tool AI ti dice che non hai la risposta, il tuo passo successivo è chiaro: “come possiamo creare la risposta e come possiamo inserirla in questi sistemi?”
Errori SEO che paralizzano il successo
Gli errori SEO più comuni oggi non sono tecnici. Sono strategici. E spesso nascono da una mentalità sbagliata.
- L’ossessione per la novità. Tutti vogliono essere i primi a cavalcare il nuovo trend AI, ma nessuno si assicura che le basi funzionino. Non riesci a completare una maratona se non hai mai fatto jogging.
- La disconnessione dal linguaggio reale. Scriviamo per i motori di ricerca invece che per le persone. Il risultato? Contenuti che suonano come manuali tecnici tradotti male dal cinese.
- L’ignoranza del percorso utente. Ci concentriamo sul portare traffico, ma non su cosa succede dopo il clic.
- La mancanza di contestualizzazione. Creiamo contenuti in isolamento, senza collegarli a ciò che le persone già sanno.
Quando “il mio sito non viene indicizzato” cosa faccio?
Molte volte sento dire “il mio sito non viene indicizzato” da parte di aziende che hanno problemi ben più profondi. L’indicizzazione è spesso solo il sintomo di problemi strutturali più gravi.
Ho visto siti perfettamente indicizzati che non ricevevano traffico perché non risolvevano nessun problema reale. E siti con problemi tecnici evidenti che comunque convertivano bene perché offrivano valore autentico.
La domanda giusta non è “perché Google non mi vede?”, ma “perché dovrebbe vedermi?”. Che valore unico porto? Come lo comunico in modo che sia comprensibile?
La verità sulla morte della SEO
La SEO è morta? Dipende da cosa intendi per SEO. Se intendi l’ottimizzazione meccanica di keyword density e meta tag, allora sì, è morta e sepolta da anni. Se intendi l’arte di aiutare le persone a scoprire soluzioni ai loro problemi attraverso i motori di ricerca, allora è più viva che mai.
Il problema è che molti sono ancora fermi alla prima definizione. È come continuare a usare le mappe cartacee quando tutti hanno il GPS. Tecnicamente funziona ancora, ma ti mette in svantaggio competitivo.
I principi fondamentali restano solidi: essere scansionabili, indicizzabili, autorevoli. Ma devono essere applicati in modi nuovi, in un ambiente potenziato dall’intelligenza artificiale.
La strategia per uscire dalla paralisi
Se la tua campagna SEO non funziona, ecco da dove ripartire:
- Riconnettersi con l’intento reale. Non quello che pensi vogliano, ma quello che dimostrano di volere attraverso il loro comportamento. Studia le query, ma soprattutto studia cosa fanno dopo aver cercato.
- Eliminare ogni attrito possibile. Ogni clic extra, ogni secondo di caricamento, ogni passaggio inutile è un’opportunità persa. Sii spietato nell’eliminazione del superfluo.
- Collegare il nuovo al familiare. Se hai qualcosa di innovativo, non presentarlo come alieno. Costruisci ponti tra ciò che la gente già conosce e ciò che offri tu.
- Testare la scopribilità reale. Non quello che speravi, ma quello che succede davvero quando qualcuno cerca soluzioni al problema che risolvi.
Ritorno alle origini (ma con un twist)
Chi viene citato più spesso come fonte autorevole? Chi ha la risposta più completa? Chi elimina più attrito nel processo di discovery? Questi erano i principi fondatori dei motori di ricerca, e rimangono validi.
La differenza è che ora operano in un ambiente dove l’AI interpreta le query, sintetizza le risposte, e guida l’attenzione degli utenti. Non puoi ignorare questo contesto, ma non puoi nemmeno farti paralizzare da esso.
Il futuro appartiene a chi sa adattarsi
Cosa fare se la SEO non funziona? Smetti di chiamarla SEO e inizia a pensarla come “strategia di scopribilità digitale“. Il nome potrebbe sembrare pretenzioso, ma il concetto è liberatorio.
Non pensare più a ottimizzare un sito per Google, ma di ottimizzare per il modo in cui le persone scoprono soluzioni ora. Che sia attraverso ricerca tradizionale, AI Overview, social media, o piattaforme che ancora non esistono.
I principi rimangono: comprendi i problemi, crea soluzioni, comunicale chiaramente, elimina gli attriti. Gli strumenti cambiano, ma l’essenza resta la stessa.
E se vuoi sapere cosa non va nella tua strategia attuale? Chiedi agli strumenti AI. Ti diranno esattamente cosa manca e come colmare le lacune. È ironico, ma l’intelligenza artificiale che molti vedono come nemica potrebbe essere il miglior consulente che tu abbia mai avuto.
La SEO non è morta. È solo cresciuta e ha cambiato nome. Sta a noi decidere se crescere con lei o rimanere ancorati al passato.